50 anni fa, il 1° marzo 1973, i Pink Floyd pubblicavano The Dark Side Of The Moon, uno degli album più influenti, rivoluzionari e di successo nell’intera storia del rock, destinato a cambiare per sempre il modo di registrare e ascoltare la musica.
Rimasto nelle classifiche di vendita ininterrottamente fino al 1988, il disco cambiò per sempre la carriera di Roger Waters, David Gilmour, Nick Mason e Richard Wright, segnando non solo un prima e un dopo nelle loro vite ma all’interno della stessa storia della musica. Suoni elettronici, tematiche innovative e sperimentazione sonora, non sono stati solamente i brani contenuti nel disco a renderlo un vero e proprio metro di riferimento per tutti gli amanti del genere, The Dark Side Of The Moon è riuscito ad avvicinare alla musica colta milioni di ragazzi cresciuti negli anni ’70, complice anche una copertina in grado di colpire in maniera trasversale il mondo della musica, dell’arte e della moda.
Ma quali sono i segreti nascosti dietro questo disco, monumento immortale della musica leggera del novecento? Scopriamone insieme alcuni.
L’ALBUM AVREBBE POTUTO CHIAMARSI “ECLIPSE”
Fino dal primo giorno di lavorazione dell’album del 1973, i Pink Floyd volevano a tutti i costi chiamarlo The Dark Side Of The Moon, cercando di sottolineare il concetto di “follia, in contrasto con lo spazio esterno“, ma una band hard blues nel 1972 fece uscire un disco con il medesimo titolo. I Medicine Head quell’anno diedero alle stampe un disco chiamato “Dark Side Of The Moon“, facendo infuriare i Pink Floyd che momentaneamente ribattezzarono il disco Eclipse: “Non eravamo arrabbiati con i Medicine Head“, dichiarò David Gilmour durante un’intervista rilasciata al magazine Sounds, “eravamo infastiditi perché avevamo già pensato al titolo prima che uscisse l’album dei Medicine Head“. Ma quando l’album dei Machine Head non ottenne in classifica il successo sperato, i Pink Floyd si sentirono liberi di tornare al titolo originale pensato per il loro nuovo album.
IL BRANO “US & THEM” VENNE SCARTATO DAL REGISTA MICHELANGELO ANTONIONI PER IL FILM “ZABRISKIE POINT”
Nel 1970 il regista Michelangelo Antonioni commissionò ai Pink Floyd la realizzazione della colonna sonora del suo film Zabriskie Point. Per il lungometraggio Richard Wright scrisse il tema principale del brano (all’epoca ancora senza titolo) ma il regista italiano scartò la canzone definendola “bellissima, ma troppo triste… mi fa pensare alla chiesa“. Alla fine Antonioni utilizzò solo tre brani composti dalla band inglese. Così il tastierista decise di lavorare in autonomia alla canzone per il successivo disco del 1973. Il bassista e autore della band Roger Waters in un’intervista del 2003 si espresse così riguardo allo stile compositivo di Wright: “Scriveva pezzi strani. Li nascondeva e li metteva sui suoi album solisti che nessuno ha mai ascoltato. Non li ha mai condivisi con noi. È stato incredibilmente stupido. Io non ho mai capito perché lo ha fatto. Sono sicuro che c’erano due o tre sequenze di accordi decenti. Se me li avesse dati, sarei stato molto, molto felice di farne qualcosa“.
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